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| Alessio Maltese è stato dimesso. Era stato aggredito da alcuni tifosi perchè siciliano
Alessio Maltese, il 24enne ragusano aggredito domenica sera davanti allo stadio di Brescia da alcuni tifosi, sol perchè siciliano, è stato dimesso stamani. Alessio è stato interrogato dagli agenti della Digos. I medici lo coccolano, la mamma è volata in ospedale dalla Sicilia per verificare di persona le sue condizioni. Intanto gli inquirenti stringono il cerchio delle indagini per beccare gli aggressori che presto avranno un nome, un cognome e una pena da scontare. Le istituzioni bresciane, dal canto loro, non mancano di comunicargli, di persona, solidarietà e sdegno per l’accaduto. Così, a 24 ore dal pestaggio subito prima della partita Brescia-Palermo, vicino allo stadio, Alessio Maltese, uno studente ragusano di 24 anni che da cinque frequenta l’università bresciana, si ritrova in una dimensione che fatica a comprendere, fatta di calore, ma anche di scalpore e timore. Stando alle testimonianze, alla collaborazione di molti tifosi e all’occhio delle telecamere, gli aggressori sarebbero sette-otto giovani bresciani, secondo la Questura già in buona parte identificati: da indiscrezioni, chi ha picchiato e preso a calci lo studente siciliano apparterrebbe a gruppi della tifoseria organizzata. Fondamentale, per rintracciarli, anche il racconto della vittima, sentita dalla Digos in ospedale ieri mattina. E pensare che il giovane non stava nemmeno andando a vedere la partita, non è neanche tifoso del Palermo. Si è trovato al momento sbagliato, nel posto sbagliato: in via Verginella, vicino alla biglietteria di un Rigamonti pronto per il debutto in A. Verso le 10.30 di domenica era con due conoscenti siciliani (uno avrebbe dovuto acquistare il biglietto), quando è rimasto vittima di un pestaggio che gli è costato la frattura di due costole, un polmone perforato e qualche contusione. Pare che le mani siano volate subito, innescate dall’accento meridionale come fosse la miccia che accende la scintilla assurda dell’astio.
PER IL GIOVANE – ricoverato nel reparto di chirurgia toracica del Civile per gli accertamenti – una prognosi di 20 giorni. Cammina, ogni tanto accusa qualche giramento di testa. Il suo telefono trilla ripetutamente e, spesso, è il suo avvocato. Dietro gli occhiali, quello che trasuda non è rancore, ma il rammarico per una violenza che non si spiega e viaggia di pari passo con lo scalpore che ha generato: troppo, per uno studente «come tanti altri». E che precisa di non essere prossimo alla laurea, tanto meno in matematica, come pareva. A varcare la porta della sua stanza, nel pomeriggio, è stato anche il sindaco, Adriano Paroli, che parla di un «preoccupante episodio di violenza. È necessario che la città e la sua tifoseria siano in grado di offrire non solo uno spettacolo sportivo da serie A, ma anche accoglienza di massima serie». Ecco perchè Paroli ha deciso di scrivere una lettera al collega di Ragusa, Emanuele Dipasquale, in cui esprime «rammarico e profondo stupore per l’aggressione subita dal ragazzo ragusano. Ho voluto porgergli le scuse e i migliori auguri da parte della città – riferisce -. Condanno con forza questo gesto spregevole che nulla ha a che fare con lo sport e il tifo. Brescia gli augura una pronta guarigione – scrive Paroli -, sicura di essere una città in cui si può vivere e tifare per qualunque squadra». Un concetto ribadito da Fabio Mandelli, assessore provinciale allo Sport, che in ospedale ha portato ad Alessio un regalo da parte del Broletto. «L’ho visto scosso», commenta, esprimendo il «massimo sdegno» per quanto successo. «Prendo l’episodio a esempio: quello di un ragazzo esile picchiato per il suo accento. Non possiamo rischiare che Brescia passi per la città in cui non si può andare a vedere la partita, perchè non è così – sottolinea -. Dobbiamo costruire il tifoso di domani: per questo entriamo nelle scuole, per educare i giovanissimi al tifo. La tessera del tifoso è un palliativo, ma non è la soluzione: dobbiamo creare la cultura del rispetto e riportare le famiglie allo stadio, condannando fermamente simili atti di violenza».
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